Il kit del piccolo ubriacone

Una ricorrenza imperdibile è senz’altro il festone dell’ultimo dell’anno, all’insegna del divertirsi per forza. All’ultimo dell’anno è assolutamente obbligatorio andare a qualche super party, non è che uno può andare a letto alle undici e svegliarsi il giorno dopo e fare gli auguri a tutti. No, bisogna assolutamente darci gran dentro con i festeggiamenti.

Già verso novembre comincia quindi a saltare fuori quello che chiede “cosa si fa all’ultimo?”, e tutti se ne strafregano fino al 30 dicembre, finché il pomeriggio della vigilia sale la tensione da festa mancata e si cerca disperatamente un posto dove andare, per evitare di sparare mortaretti con i nonni.

Tutti i locali, anche il più malfamato e disadorno, conoscono benissimo l’obbligo autoimposto di festeggiare questa ricorrenza in modo smodato, e allora, disinvoltamente, triplicano i prezzi, a fronte di un servizio per lo più peggiore del solito. I ristoranti e le trattorie aggiungono uno o due piatti, tipo bresaola acida e vitello tonnato gommoso, e aumentano il costo del menù di quarantacinque euro. Le discoteche organizzano una serata esattamente uguale a quelle che fanno nei weekend, con l’aggiunta di dodici centilitri di prosecco di sottomarca e di una scaglia di pandoro raffermo, e il costo dell’ingresso lievita per magia a ottanta euro. Le folle di p.r. che popolano il mondo (tutti, almeno una volta nella vita, sono stati p.r.) organizzano l’usuale festone similfaraonico dove a fronte di oceani di persone, le consumazioni vengono servite in gocce (“vorrei una Coca con 40 gocce di Jack Daniel dentro, grazie”). A ben vedere, credo che il prossimo anno organizzerò una festa a casa mia a base di feci con biglietto a cinquanta euro, capita che qualcuno ci venga sul serio.

Io penso che il modo migliore per passare l’ultimo dell’anno sia organizzarsi una festa privatamente, cercando di superare i luoghi comuni di coloro che all’ultimo dell’anno ritengono sia necessario azzerare la propria coscienza insieme all’anno passato, immergendosi in bagni di folla e festeggiando fino alle undici di mattina assieme a milioni di sconosciuti un anno che magari ha fatto pure cagare. Questo andrà bene per gli adolescenti infestati di acne che durante l’anno non possono star fuori fino a tardi, e hanno i genitori che li aspettano a casa con la frusta e la bava alla bocca, e allora si sfogano all’ultimo dell’anno, bevendo l’impossibile (spesso in modo assurdo, tipo gin secco o vodka secca, manco fossero in Siberia) e cercando di limonare con chiunque, perché all’ultimo dell’anno diventa fondamentale limonare con qualcuno o almeno millantare durante tutto l’anno successivo di averlo fatto.

Ma una volta scollinata l’età della ragione, quando tornare tardi non è più un fatto raro o vietato, è meglio una bella festicciola con musica giusta, gente giusta, cibi giusti e drink giusti. La festa dell’ultimo dell’anno più bella è quella dove si affianca la razionalità alla follia dionisiaca, nascosti in qualche luogo privato, senza troppi buttafuori che violano i più basilari diritti umani o senza troppi p.r. che cercano di spillare soldi manco fossero dei videopoker.

Infine, per gustarsi appieno la festa dell’ultimo dell’anno, e in generale tutte quelle feste dove si va distanti, si sbevazza in allegria, si fa molto tardi e si vuole evitare un disastroso e assai problematico rientro a casa notturno, il mio inesauribile amico Dodo, ora padre di famiglia ma ancora con l’occhio della tigre, ha inventato il kit del piccolo ubriacone: esso consiste in un sacco a pelo per dormire nella casa dove si è svolta la festa nel caso in cui non ci sia un buon letto ad accoglierci, in una bottiglia d’acqua per irrorare nel corso della notte le fauci desertificate dall’alcool, in una scatola di pillole contro il mal di testa e una contro la diarrea. Inutile dire che il Dodo è un fottuto genio.

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Alberto Fezzi