I galli cantarono tre volte quella mattina fuori dall’Amnèsia.
Il sole cominciava a spuntare dietro le brulle colline vicino alla discoteca, e nel piazzale antistante qualche pigro gallo passeggiava fischiettando un motivetto, molto rilassato, ignaro di quello che stava succedendo aldilà delle mura del locale davanti a lui.
All’interno, un enorme travestito di colore era appena salito sul palco principale della discoteca: era alto circa due metri, agghindato a metà via tra una ballerina di samba del Carnevale di Rio e una semplice mignotta (sempre che la ballerine del Carnevale di Rio non siano, già di per sé, delle semplici mignotte).
Afferrò un microfono vicino alla consolle del dj, e, con voce cavernosa e potentissima cominciò a domandare alla folla di sciamannati sottostante: “Do you want espuma?” aumentando vertiginosamente il tono sull’espuma.
E tutti i rincoglioniti sotto: “Yeeeeeeaaah!”
E lui di nuovo, ancora più convinto: “Do you want espuuumaaaaaaa?”
E sotto i rincoglioniti, ancora più rincoglioniti: “Yeeeeeeeaaaaaaaaaaahhhh!”
E così via per altri due tre minuti di quel balordo botta e risposta, in un dialogo che somigliava ad una versione blasfema e godereccia delle promesse nuziali o della professione di fede che si fa in chiesa (“Vuoi tu Gianni prendere Piera come tua sposa?” “Yeeeeaaahh!”, “Rinunciate a Satana?” “Yeeeeeaaah!”, “Credete in Dio Onnipotente?” “Ovvio che yeeeeeaaaahhh!”).
Dopo che i rincoglioniti ebbero convintamente professato la loro fede nell’espuma, ecco che due enormi bocchettoni, somiglianti ai motori della Morte Nera di Guerre Stellari, che fino a quel momento erano rimasti puntati verso l’alto fermi e pacifici, improvvisamente cominciarono a ruotare verso il basso con un forte rumore meccanico, fino a puntare l’ebete folla che riempiva il locale.
A quel punto il travestito di colore-ballerina di Rio-semplice mignotta cominciò un conto alla rovescia, in una sola voce con il coro dei senza-senno che stavano sotto: “Threeee, twooo, oonee……Eeeeeeespuuuuumaaaaaaa!”
Dopo questo proclama, i bocchettoni diedero il via alla famosa e demenziale Festa della Schiuma di Ibiza, e così, mentre la musica si faceva ancor più martellante, e quindi ancor più inascoltabile, i bocchettoni cominciarono a sparare sulla folla una quantità industriale di schiuma da bagno, in modo incessante e imperterrito. Un’enorme
nevicata di Badedas, un manto bianco che si abbatteva sul locale, come se le nuvole, composte per l’occasione di sapone, si fossero staccate dal cielo tutte insieme e tutte insieme fossero venute a posarsi sulla testa di quella fessa gente.
Gli spettatori non ebbero neanche il tempo di pensarci troppo, che subito la schiuma li aveva già avvolti. Li aveva
raggiunti e colpiti dappertutto, dalla testa ai piedi, negli occhi, nelle orecchie, in bocca. La schiuma era talmente tanta che, posandosi a terra, aveva creato uno strato di almeno un metro e settanta, cosicché degli avventori più
bassi non si vedeva più nulla, solo un ricordo avvolto nello zucchero filato. O al massimo qualche sparuta ciocca di capelli che affannosamente cercava di uscire dalla massa bianca per prendere una boccata d’aria.
I ragazzi più alti dominavano la scena, uscivano con mezzo busto dalla schiuma e, come degli Ercole del sapone da bagno, si avvicinavano rocciosi e decisi alle ragazze più indifese e spaesate per andare ben oltre i limiti consentiti dal Codice Penale. I più disinibiti copulavano a spron battuto fra le bollicine, mentre quelli che erano stati presi un po’ in contropiede dall’assalto delle bollicine medesime, provavano a rifugiarsi nei bagni. Tuttavia la schiuma, inesorabile, arrivava anche lì, per poi peraltro rifluire allegramente nella pista da ballo. Con la conseguenza che i più riflessivi, vedendo tutto quello che succedeva in mezzo alla schiuma e vedendo la quantità di riflusso provenire dal bagno, si chiedevano con ribrezzo quali innominabili sostanze stessero mai ingurgitando, dal momento che non poca di quella stessa schiuma gli era già finita in bocca.
Ecco dunque che, dopo un po’, molti degli astanti, bagnati fradici e con lo stomaco pieno di sapone e sostanze biologiche altrui, si fermavano in qualche angolo un po’ straniti, per cercare riposo e capire che senso avesse un simile rito, in che cosa potesse consistere il divertimento di quella festa. Ovviamente questi pensieri non toccavano invece gli irriducibili dementi del divertimento, quei soggetti che popolano indefessamente le discoteche di tutto il mondo, e tanto più popolano quelle di Ibiza che è la capitale mondiale dell’insensatezza, divertendosi sempre e comunque, e lo farebbero anche se l’evento della serata consistesse nell’essere presi a badilate sullo scroto.
In ogni caso, in quell'occasione la perplessità di chi cercava riparo dalla schiuma non fece in tempo a durare molto: quando l’effetto della schiuma stava ormai scemando, improvvisamente nell’enorme discoteca successe qualcosa.
Lì per lì nessuno riuscì a capire bene cosa in effetti stesse succedendo. Si sentì un rumore tremendo, un lungo boato cavernoso, ma la musica, la schiuma e gli schiamazzi della gente non lo fecero avvertire più di tanto.
Poi si percepì un movimento, sembrava che nell’aria qualcosa si stesse spostando, ma in tutto quel marasma non era una percezione molto chiara.
A poco a poco, però, quelli che erano fuoriusciti dal magma di sapone cominciarono a capire che il suolo stava slittando, e le pareti del locale si muovevano, e si muovevano in un modo particolare, si muovevano di lato, era come se stessero scorrendo via piano da qualche parte.
La folla cominciò a capire che poteva trattarsi di un terremoto, e trasformò le urla di divertimento in urla di terrore e panico, anche perché, man mano che il rumore aumentava, ci si poteva accorgere che c’era qualcosa di strano in quel terremoto: non era una semplice scossa del suolo, era come se tutto quello che c’era sopra quel suolo cominciasse ad essere privo di appoggio, sembrava che tutto stesse sprofondando.
In effetti, a guardare la scena dall’alto, si sarebbe potuto vedere proprio questo: ancora prima che la folla potesse uscire dalla discoteca, il terreno su cui si ergeva quel tempio dedicato al docciaschiuma cominciò proprio a sprofondare in mezzo ad un ammasso di polvere.
Ma a ben vedere, per quanto quel fenomeno fosse iniziato proprio dalla discoteca, subito lo sprofondare del suolo si estese velocemente intorno al locale, e a grandi placche coprì tutta l’isola. La realtà era tanto semplice quanto spaventosa: Ibiza si stava inabissando.
Il mare ribolliva maestosamente intorno ai lembi di terra che vi si immergevano inesorabilmente, in un moto discensionale continuo, implacabile. Con un boato che durò circa venticinque minuti, fra la rigogliosa schiuma - del mare, questa volta - Ibiza sprofondò completamente e scomparve alla vista. Tutto quello che si trovava sopra l’isola in quel momento, le discoteche grandi come fabbriche piene di crumiri del divertimento, gli energumeni strafatti di palestra e di pasticche che alle tre del pomeriggio ballano in spiaggia la musica techno, i locali che ti imbombano di inutili beveroni da due litri, i mille p.r. dei locali medesimi ovvero gente senza arte né parte e al massimo in possesso di un diploma di scuola media inferiore e di un ipotalamo ripieno di crema solare, ebbene, tutto si inabissò con l’isola.
Quando Ibiza venne completamente inghiottita dall’acqua, il rumore cessò completamente e la superficie del mare ritornò tranquilla. Rimase solo un leggero vento, ricordava un sospiro di sollievo.
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