Le dita grasse

Qualche tempo fa Umberto Eco ha detto che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”.

Ebbene, poiché io certamente rientro nella categoria, non posso certamente permettermi di criticare gli imbecilli di cui parla Umbertone, tuttavia posso dire che i social media hanno sicuramente aiutato molto i pigri e gli sgrammaticati.

I pigri, quelli con il cervello ridotto in poltiglia dal #GF14, possono vivere tranquillamente leggendo solo e soltanto quello che trovano nelle bacheche di Facebook o di Twitter, e solo e soltanto quello desiderano leggere. La controprova è semplice: se pubblicate un link a un articolo o a un video sulla vostra bacheca, generalmente le visualizzazioni saranno poche, perché costoro hanno le dita grasse e fanno molta fatica a premerle sul mouse o sul touchscreen per collegarsi al link. E’ molto impegnativo in effetti, e quelle dita sono molto grasse.

Se invece lo stesso articolo o lo stesso video lo pubblicate direttamente sulla bacheca, le visualizzazioni saranno molte di più, perché in quel caso il pigro non deve sforzare le dita adipose e può semplicemente scorrere imbambolato la home e arrivare al vostro articolo o al vostro video senza fare alcuna fatica se non quella di leggere o guardare, e in questo caso lo farebbe per pura inerzia e dunque senza sforzo, come quando ci si lancia in bicicletta lungo una bella discesa.

Poi ci sono gli sgrammaticati, che hanno avuto un vero e proprio sdoganamento: se prima una persona che non sapeva dove diavolo infilare gli accenti, le doppie e le acca, evitava di scrivere qualunque cosa su qualsiasi supporto, memore delle frustate sulle mani ricevute alle elementari e delle ore passate dietro alla lavagna con lunghe orecchie da asino calate sul capo, ora, nell’euforia da social media, ha perso ogni remora a scrivere bestialità grammaticali, perché adesso non prenderà più sonori 4 in pagella, e invece avrà almeno 24 persone che scriveranno pure “mi piace” sotto quegli strafalcioni.

Una volta, che so, un politico locale prima di rilasciare una dichiarazione, ci pensava cinque o sei ore se “eccezionale” non si debba in realtà scrivere “eccezzionale”, mentre adesso vanno dritti, senza pensieri, ché tanto siamo tutti sulla stessa barca, nani e ballerine, coccodrilli e leocorni, imbecilli e Premi Nobel.

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Commenti: 1
  • #1

    Arnaldo Ninfali (mercoledì, 07 ottobre 2015 11:55)

    Il fatto è che noi imbecilli non è tanto con le sgrammaticature e la pigrizia che facciamo danni, ma proprio con la nostra imbecillità. Detto questo, l'Umbertone nostro deve mettersi il cuore in pace, perché il diritto di parola, se non ce lo dà lui, noi ce lo prendiamo. E a forza di parole, parole e sgrammaticature, chissà che col tempo - magari quando Lui avrà accumulato qualche altro migliaio di Honoris causa - non diventiamo meno imbecilli.
    Certo che riscontrare in Umberto Eco la dimenticanza della dichiarazione di intenti di Dante nello scrivere Il Convivio è davvero il colmo. Il Divino Poeta, infatti, dichiara " ... di [voler] offrire un insegnamento di sapienza filosofica ed etica ad un pubblico [ ... ] costituito da tutte le "anime nobili" che, per essere impegnate nel governo, negli affari e nei doveri della "società civile", restano spesso escluse dalla suprema perfezione umana consistente appunto nell'esercizio della pura virtù intellettiva" (Cesare Vasoli, Dante Alighieri, Opere minori: Convivio - Introduzione).
    Noi imbecilli, dunque, siamo gli "esclusi dalla suprema perfezione perfezione umana" e sarebbe buona cosa che chi non lo è, come Eco, venisse con misericordia in nostro soccorso. Così, anche con il suo aiuto, faremmo meno danni.

Alberto Fezzi