La Grande Lite Inutile: l'assemblea di condominio

Dopo l'attesissima (?) uscita del nuovo libro "Come vincere tutte le cause", ecco un altro estratto, che riguarda l'ambito dove vengono combattute le più grandi battaglie per le più grandi boiate: il condominio.

 

Il culmine della “Grande Lite Inutile” si raggiunge nel condominio. Qui, in primo luogo, tutti si sentono avvocati: il fruttivendolo del terzo piano non ha certamente mai preteso di operare a cuore aperto, né il bagnino dell’appartamento nel sottotetto al quinto piano ha mai invocato il diritto di progettare un grattacielo, eppure entrambi, chissà perché, all’assemblea di condominio cominciano a dissertare ad cazzum di Codice Civile e di sentenze della Corte di Cassazione.

Non solo si sentono avvocati: tutti loro, in fondo, sono avvocati. E lo sono probabilmente perché, sotto sotto, credono che funzioni come in un legal thriller di John Grisham, come in un film in cui Tom Cruise torchia Jack Nicholson, come se la professione di avvocato fosse solo un bel vestito e tante parole, come se non servissero tutti quegli anni di studio e di preparazione (e di gavetta sottopagata, e di stress, e di capelli persi) per argomentare correttamente di diritto.

E allora via, anche la pensionata ipovedente del piano terra può sbraitare con le vene gonfie di tabelle millesimali e di utilizzo del lastrico solare. Non parliamo poi dell’amministratore di condominio, il cui diploma in ragioneria, in un contesto simile, equivale a un master ad Harvard.

Le assemblee di condominio sono un po’ come i social network (o viceversa), ovvero sono luoghi dove tutti possono parlare di tutto, anche senza averne la minima competenza. Sono lo sfogatoio delle frustrazioni, la fogna delle controversie.

Ebbene, facciamo un passo indietro: per sfogarti vai a fare una bella corsa o iscriviti a una palestra di boxe, e le fogne lasciale agli autospurghi. E all’assemblea condominiale resta tranquillo, la tranquillità in quella sede è una bomba, è la vera rivoluzione.

Spesso, durante l’assemblea del mio condominio, vedendomi silente, vengo interpellato dal condòmino litigioso di turno che, con viso paonazzo, mi chiede: «avvocato, lei non dice niente?!» (e ovviamente in quel momento mi sta trattando da suo pari, in quel momento siamo entrambi avvocati, anzi forse lui mi sta persino guardando dall’alto in basso perché io sono un avvocato, ma lui è un superavvocato, reso invincibile e preparatissimo dal solo sacro fuoco della sua stizza). Solitamente io rispondo che non ho nulla da dire e propongo semplicemente di mettere ai voti la questione proposta dal paonazzo: facilmente questi ai voti perde perché la stava facendo troppo lunga e troppo grande, e si può procedere con il successivo punto all’ordine del giorno. Ore di discussione segate in radice e attimi di vita recuperati per tutti. La calma vince sempre.

Un altro consiglio che ti do, amico mio che abiti in un condominio, è di uscire dall’ottica della lite in assemblea condominiale e di ampliare la tua visione alla vita condominiale in generale.

Mi spiego: nella stragrande maggioranza dei casi, i condòmini che attaccano gli altri condòmini sono i primi a mettere in atto comportamenti contestabili. Oltre a violare quel Codice Civile che ti sbattono in faccia a ogni assemblea, sono i primi a violare finanche i più elementari principi cristiani, come quello, ad esempio, di pensare prima alla trave nel proprio occhio piuttosto che alla pagliuzza nel tuo, o quello di iniziare a rimettere i debiti agli altri laddove si desideri che siano rimessi i propri. Per dire, io avevo una vicina che si lamentava se la sera facevo rumore sul terrazzo con i miei amici, e per contro, però, lei il sabato mattina alle 8.30 faceva le pulizie sparando Lucio Battisti allo stesso volume che usano gli Iron Maiden davanti a un pubblico di sordi. Ciò significa che in un condominio, come nel mondo in generale, in un luogo cioè dove le persone sono costrette a convivere, non esiste l’essere umano perfetto, ognuno avrà le sue magagne, e la soluzione è compensare: il mio illecito si compensa con il tuo e viceversa. È un modo di vedere le cose che si posiziona giusto un po’ prima del farsi giustizia da sé, non voglio certo farti diventare un novello Olindo Romano (anche se poi leggo dai giudici di Cassazione dei social network che sarebbe innocente, quindi chissà). Chiamiamola un’accettazione forzata reciproca: non vi farete polemica in assemblea, ma al suo Acqua Azzurra Acqua Chiara risponderanno gli amici dal tuo terrazzo, e agli amici sul tuo terrazzo ribatterà Lucio. E vissero tutti più o meno felici e contenti. 

Alberto Fezzi