Un avvocato lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia

 

Se un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia, un avvocato, di questi tempi, lo vedi dalla sfiducia, dalla depressione e dallo sconforto per una professione le cui prospettive future somigliano a quelle del Titanic dopo l’impatto con l’iceberg (anzi, quelle apparivano leggermente migliori: lì almeno hanno continuato a ballare).

Siamo in periodo di pagamento della nostra previdenza, la Cassa Forense: dite queste due sole parole a qualsiasi avvocato che conoscete (è un facile questionario: ognuno di voi ne conosce almeno dieci), e costui vi risponderà con una parolaccia di quelle più grevi. L’incidenza della Cassa sui redditi è diventata chiaramente insostenibile, anche se qualcuno pare non essersene accorto, oppure se ne sono accorti tutti ma non si può fare niente per cambiare perché altrimenti si scatenerebbe la rivoluzione degli avvocati in pensione, che tirerebbero fuori il fucile a canne mozze da sotto il plaid: se potessi tenermi diciamo una metà delle somme che verso obbligatoriamente per la previdenza, penso che mi infilerei le aragoste nel taschino della giacca solo per la soddisfazione.

Aggiungiamo l’inquietante numero di avvocati (come ho detto prima, basta che andiate in un locale pubblico mediamente affollato: ne troverete a mazzi di dieci, a squadroni, a falangi, a coorti), e il fatto che andare in Tribunale sia divenuto un modo chic per trascorrere una decina d’anni più che un efficace strumento per ottenere risultati concreti, capite perché in questo periodo, salve rare eccezioni, gli avvocati li vedrete tristi.

Per fortuna che, dopo aver pagato la Cassa Forense con sforzi degni di un donatore emofiliaco, dopo esserci ritagliati il nostro spazio professionale a fatica, dopo aver ottenuto un buon verdetto o una buona transazione, ci troviamo di fronte a lui, l’eroe dei nostri giorni, l’uomo dalle mille scuse sparate con aria affranta, il vero genio che sta mandando a rotoli una professione prestigiosa: il cliente che non paga. Ma in fondo anche un avvocato lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.   

 

“C’è poi il cliente che non paga l’avvocato. Una tale propensione nasce dall’insieme di più fattori. Un approccio catulliano verso tale professionista, alla odi et amo, e cioè il disperato bisogno che induce il cliente a recarvisi, frammisto alla contemporanea convinzione di venire fregati dall’avvocato medesimo, pur così anelato. Un radicato pensiero comune secondo cui gli avvocati sono benestanti per il solo fatto di possedere questo titolo, una ricchezza in re ipsa, che induce questa tipologia di clienti a ritenere che non sarà certo il mancato pagamento della loro parcella a creare problemi economici all’avvocato (ve lo dico io da queste pagine una volta per tutte, così superiamo questo equivoco: noi viviamo delle parcelle che ci pagate, quello è il nostro lavoro, la sera non stiriamo le camicie altrui per arrotondare!). In ultimo la tendenza a paragonare l’attività dell’avvocato a quella, per esempio, di un ferramenta: «Eh, ferramenta, mi ha solo fatto la copia di tre chiavi e mi chiede così tanto?» equivarrebbe a «Eh, avvocato, ha scritto solo tre lettere e mi chiede così tanto?».

Ora, a parte che il ferramenta, se non lo paghi, ti rincorre con un rastrello, a parte che quelle tre lettere probabilmente saranno state precedute da lunghi incontri con il cliente e da migliaia di telefonate e da svariati pareri orali ‒ che in quanto orali sono scomparsi con leggerezza dalla memoria di questi clienti e dall’idea di cottimo professionale che essi hanno ‒ ebbene, a parte tutto questo, ci si dimentica sempre che per essere in grado di scrivere quelle tre lettere ogni avvocato ha studiato per almeno sette anni della sua vita, e quindi la professionalità ha un costo. Altrimenti non si capirebbe neanche il motivo per cui questi clienti non abbiano provveduto da soli a scrivere le lettere in questione.

Va peraltro detto che la parcella può avere una sua funzione purificatrice. Il rimedio migliore che ha un avvocato per allentare la pressione esercitata da un cliente troppo fastidioso è mandargli la parcella. È come tirare un gavettone in mezzo a un branco di gatti. In un attimo finiscono le telefonate, le lamentele, le pretese, e l’avvocato avverte quasi un senso di improvvisa solitudine, ché intimamente e morbosamente già gli manca quel cliente puntiglioso”. 

(da “Il principe del foro non esiste”)

 

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Commenti: 1
  • #1

    Lex (venerdì, 18 luglio 2014 16:53)

    E' così.

Alberto Fezzi