Un anno

Questo sito compie un anno. Qualche numero per certificare che non sono ancora diventato Stephen King, ma c’è ora una flebile speranza che io non sia sono nemmeno l’ultimo degli stronzi: visualizzazioni totali 78.874, che, a grandi linee, possiamo suddividere in 37.000 per le Faccine (c’è del buon tempo eh?), 19.000 per le cose d’avvocato, 22.000 per tutto il resto.

Che dire: mio padre internet lo usa poco, quindi grazie a tutti coloro che, con gioia o per disperazione, hanno fatto un salto qua.

A tutti voi, regalo una nuova introduzione a Sognando un Negroni, che avevo preparato per i dieci anni del libro ma che, per questioni di diritti editoriali, alla fine non ho pubblicato. La pubblico qua, amici miei. Con il nuovo libro ci vediamo in autunno, con le minchiate sempre qua.

 

Dieci anni dopo

Questo libro strano e ragionevolmente fuori di testa, figlio mio in tutto e per tutto, uscito per caso e per divertimento dieci anni fa, mi ha un po' cambiato la vita.

Ne è passato di tempo, ne sono successe di cose, che mi hanno fatto cambiare ancora, come persona e come scrittore, anche se, in fondo, i miei occhi sul mondo sono sempre rimasti quelli.

Certo, ho dovuto bere litri di Negroni, offertimi da tutti coloro che, affascinati dal titolo, non si sono poi anche premurati di leggere almeno le prime quindici righe del libro dove ho scritto sin dall’inizio, a mo’ di manifesto, che a me il Negroni fa schifo. Niente da fare, condannato per sempre, ai loro occhi, a bere Campari, Martini e Gin all’infinito, e a scrivere per sempre di locali, bar, rutti e scoregge, un po’ come Santana, che magari qualche volta vorrebbe farsi pure un bel giro di do con pennate grezze da camposcuola, e invece in ogni canzone deve sempre infilarci un assolo con i denti.

Ho anche dovuto, in questi anni, vedere tanti locali veronesi chiudere, e con molto dispiacere devo dire, soprattutto i miei amati pub, divenuti nel tempo dei garage. Che spreco di vita: la dimostrazione concreta di come gli uomini vengano sostituiti dalle macchine, manco ci trovassimo sul set di Terminator.

Ma nonostante tutti i cambiamenti del tempo, questo libro si può leggere ancora oggi non solo come una fotografia di qualche anno fa, ma anche, al di là dei luoghi e degli eventi citati (molti dei quali ancora esistenti in tutto il loro vacuo splendore), come il ritratto di una generazione immutabile ed eterna.

Facendo un paragone minimalista, non è che a Dante, se fosse ancora vivo, verrebbe richiesto di riscrivere la Divina Commedia adattandola ai giorni nostri, parlando con Virgilio via Skype senza nemmeno scendere all’Inferno.

Insomma, così eravamo e così sempre saremo. Purtroppo o per fortuna, questo decidetelo voi.

Per quel che mi riguarda, posso solo dire che nella Prefazione il Professor Vittorino Andreoli ha scritto: “Ho deciso di scrivere queste pagine solo dietro la garanzia che l'autore, fra vent'anni scriva un libro dedicato ai "luoghi di ritrovo dei padri veronesi", contando ancora sulla sua diretta esperienza che si prefigura propria di chi fa l'avvocato "in prima fila", di un padre e certo di marito con cravatta di Gucci, abito di Class e mutande con rinforzo pubico di Boss”.

Siamo a metà del guado, ma, a parte essere in effetti diventato avvocato (non so se in prima fila, ché la prima fila di quel mondo, considerata la compagnia, in fondo non mi è mai interessata molto), al momento non sono né padre, né marito, né ho cravatte di Gucci o rinforzi pubici di Boss (o rinforzi pubici in genere, almeno per ora). Non sono quindi ancora in grado di descrivere i “luoghi di ritrovo dei padri veronesi”, anche se ho il forte sospetto che, quando nel libro ho scritto che la definizione “giovani veronesi” comprende persone che vanno dai 18 ai 55 anni, i luoghi descritti nel libro valgano per i padri come per i figli, in quella massa informe che fa più o meno le stesse cose a prescindere dall’età che ha.

E comunque, anche se diventerò padre, anche se uscirò dalla massa informe, certe balorde conventicole tipicamente veronesi non le frequenterò mai: io sarò sempre uno di voi, ragazzi del Negroni, anzi, io sarò sempre “quello del libro sul Negroni”, come mi chiamano da queste parti.

Piuttosto, sono stato io stesso a darmi la zappa sui piedi quando ho scritto: “I più involontariamente comici sono proprio i quarantenni abbronzati che guardano le ventenni con fare spavaldo, sicuri di avere uno charme incredibile che in confronto Antonio Banderas è un malato di psoriasi. Se a quarant’anni sarò così, o’ Dio, ti prego, fulminami all’istante”. Questo libro mi ha dato consapevolezza, è stata un’auto-seduta di psicanalisi e tendenzialmente riesco a capire quando divento ridicolo se mi sto in qualche modo atteggiando, ma insomma, oggi di anni ne ho trentasette, quindi, Dio, confido nella Tua enorme magnanimità: quella cosa dei quarant’anni, si diceva per ridere. 

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Alberto Fezzi